La nostra “ammiraglia” pronta a cominciare un’attività turistica.

Sestri Levante. Il “polpo Mario” è tornato a solcare il nostro mare. Ancora più bello, più potente e più attrezzato della prima, gloriosa edizione. L’ammiraglia del nostro ristorante, con l’ossatura in rovere e il fasciame interamente in Iroko, è stata costruita nel rispetto della più alta tradizione dei maestri d’ascia dei Cantiere Navali Ippolito di Livorno, dotata di tutto il necessario per la pesca costiera di triglie, seppie, naselli, polpi, moscardini, totani, sogliole aragoste e in quella dei fondali fino a 500-600 metri di profondità dove ci sono gli scampi e i gamberi e dove si pesca il celebre gambero imperiale di Santa Margherita, ma da qualche tempo diventato di Sestri Levante, da quando le paranze sono diventate una realtà sempre più crescente nella Bimare. Il “Polpo Mario”, con l’aiuto di Franco Po, è stato tra i primi a servirlo in tavola. Con le altre paranze sestresi (una decina) e con le “mitiche” lampare per la pesca delle acciughe, il “Polpo Mario” contribuirà alla grande produzione sestrina di pesce azzurro ligure, il migliore d’Italia, di cui la sagra del Bagnun è ormai diventata simbolo. Il peschereccio “Polpo Mario”, con il capopesca Enrico Capelli (papà del bravissimo Alessandro, il primo ad introdurre, nel 1976, in modo professionale, la pesca a strascico a Sestri Levante e un grande esperto in relitti nei fondali e della morfologia della costa) oltre alla normale attività, si appresta a varare un programma di pesca turistica per gli ospiti italiani che sarà pronto in primavera. E poi, via per mare, spinti a gran velocità dal motore Fiat Argo.

Il mitico peschereccio POLPO MARIO

Sestri Levante – Quando nell’estate del 1983 decisi, con l’amico Franco, di comprare un peschereccio, capii di essere sulla strada giusta: il pesce sempre fresco era sempre a mia disposizione in quantità e soprattutto della qualità desiderata. Una avventura vissuta con grande entusiasmo: il moto-pesca “Polpo Mario”! Mi inebriavo nel vederlo salpare ogni mattina (quasi sempre in concomitanza con la mia uscita dalla discoteca Piscina dei Castelli) per strascicare da Riva alle 5 Terre, mi divertiva chiamare, via radio, i miei pescatori,e sentire da loro “in diretta” che tipo di pesci erano già pescati, selezionati; poi l’arrivo in banchina al pomeriggio, sempre alla stessa ora. Una trepidazione, a volte anche tensione e preoccupazione, quando qualche imprevisto all’ultima calata non faceva comparire la sua inconfondibile prora a filo dell’isola. Era facile distinguerlo fra decine di pescherecci che in fila indiana, all’orizzonte, tiravano lentamente le loro reti. Con la sua forma caratteristica, sedici metri di lunghezza, venti tonnellate di stazza. Un pescaggio (tanto importante per aumentare il “colpo” nella pesca a strascico) di oltre due metri e mezzo. Tutto legname stagionato, costruito nel 1943 a Porto Empedocle da lupi di mare siciliani grandi cultori della pesca e di esperienza superiore a qualsiasi marineria nel mondo. Mai una goccia d’acqua in sentina, difficile persino da penetrare per piantare un semplice chiodo. “Legno che sembra osso” diceva sempre il maestro d’ascia Mario Po durante le operazioni di calafatatura e di rimessaggio (una volta all’anno). Uno scafo “marino” a fare invidia ai moderni pescherecci in vetroresina. Quante traversie e quante gioie mi hai regalato!! Dalla pesca di trenta chili di dentici in un giorno, ai quintali di novellini, alle reti perse negli “agguanti” (relitti) sparsi un po’ ovunque sul fondo del mare, al recupero di un aereo e d’ogni sorta di residuato bellico. Quante le sorprese, di una pesca, quella a strascico, monotona sicuramente per le procedure sempre uguali di posa e tiro delle reti, ma di grande scenografia al momento di issare il sacco a bordo dopo una cala di quattro o cinque ore. Non basterebbe un dizionario per citare uno ad uno le specie animali pescate e neppure gli oggetti più svariati finiti sulla poppa del “Polpo Mario”. Ogni giorno, pur varando lo stesso fondale, l’ansia di vedere la rete si faceva sempre spasmodica, prima i gabbiani che giungono immediatamente appena azionato il verricello e seguono il lento recupero dei cavi d’acciaio, dei divergenti, delle sferzine e infine della rete. Loro sanno che ad ogni calata con la pala vengono gettati in mare insieme a quintali di fango anche migliaia di piccoli pesci. Il loro grido tiene compagnia, ad ogni nuova palata si fa sempre più forte, quasi a coprire il rombo del motore poi la posa sull’acqua a ingurgitare i freschissimi scarti. Un rituale scontato, la vita a bordo fino alla paranoia. Una emozione di pochi attimi che si scontra con i gesti sempre uguali ripetuti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno per una vita intera…La prima cala all’alba poi intorno alle nove la salpata, la cernita dei pesci, la loro pulitura la sistemazione nella capace cella frigorifera di bordo, il tempo di una sigaretta ed ecco a mezzogiorno la seconda salpata con le stesse uguali ed identiche operazioni.

Un boccone alla faccia del guastatore; (con gamberetti, novellini, aragostine, insomma un pizzico di ingredienti di solito “proibiti” a chi li pesca), e poi l’ultima salpata. Questo, tutti i giorni, mare permettendo. Nel nostro caso quanto raccontato lo abbiamo dal 1983 fino all’estate 1990, data fatidica con la decisione di cambiare esperienza rispetto alla pesca a strascico che prima o poi dovrà finire almeno nei fondali inferiori ai cento metri. Voltare pagina anche se a malincuore perché il “Polpo Mario” nonostante i suoi 48 anni suonati non faceva certo a fatica a tenere il passo con i suoi “colleghi” dai 500 cavalli, un peschereccio con un cuore grande così… Basti pensare ai 43 uomini di equipaggio che di volta in volta si sono succeduti a bordo. Dallo strascico alle reti da posta con un autentico viaggio a ritroso nelle tradizioni dei nostri vecchi. Il “Polpo Mario” però, come una donna ancora piacente ha fatto innamorare due pescatori slavi che lo hanno comprato e circumnavigato l’Italia e attraverso l’Adriatico lo hanno portato nel porto di Spalato. Neppure un giorno di sosta e subito in pesca nelle acque straniere: gamberi, scampi, budeghi finivano a quintali sulla poppa del “Polpo”, telefonate di felicità per l’acquisto effettuato. Poi il silenzio, la morte di una guerra assurda. Il Polpo Mario dopo aver resistito a mareggiate, alle disattenzioni dei suoi marinai e dato lavoro e prosperità a tante famiglie ha dovuto capitolare sotto una bomba che lo ha mandato a picco insieme ad altri sei pescherecci. Una fine forse ingloriosa ma pur sempre legata al mare… Chi ha la pesca e la gastronomia marinara nel sangue non poteva fermarsi e così figlio del Polpo Mario ecco spuntare il moto-pesca “Novantatre – Polpo Mario 2”, un gozzo rivano costruito dal maestro d’ascia Mario Po e capace di trasportare fino a 1800 metri di rete da posta (tremagli, ricee, monofili). Dalla frittura mista agli scorfani, dai moscardini ai polpi e seppie, dai gamberi alle aragoste, ai bati-bati, ai branzini. A questo proposito di “luassi” dall’inizio dell’attività nel luglio 1991 ad oggi ne abbiamo pescato 132, contati uno ad uno perché mai a memoria di pescatore sestrese si ricorda con le reti un così alto numero di catture. Le reti vengono calate ogni pomeriggio e salpate al pomeriggio… Che varietà!! Che pezzatura!! Che gioia riscoprire i capponi a Punta Manara, i dentici alla ciappa du Lu, le ombrine ai pennelli, i pagelli alle rocche di S.Bernardo, i cefali e le salpe a S.Anna, le bughe all’Erbuun, le triglie ai Custi le aragostine alla Luppa, le corvine alla Cumbaia, i branzini alla Negra… Decine di qualità di pesce: molluschi e crostacei per altrettanti piatti. E’ facile avere fantasia, quando ogni mattina arriva una cuffa di veri prodotti del mare, è proprio dalla splendida immagine del pesce appena smagliato dalla rete, che nascono la maggior parte delle ricette che da un decennio contraddistinguono le serate gastronomiche.

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